La moda sostenibile in Cina: a che punto siamo?
Anche la Cina sta facendo la sua piccola parte, capiamo come
Buondì! E grazie ai nuovi iscritti per la fiducia: qui troverete l’archivio con tutte le precedenti newsletter, consultabile in qualsiasi momento. Oggi faremo il punto sulla sostenibilità nell’industria della moda in Cina: a fornirci i dati ufficiali è il nuovo report di Daxue Consulting, 40 pagine belle ricche di informazioni che proverò a sintetizzare in breve qui.
Solo il 5% dei cinesi associa la sostenibilità alla moda
Il mio approccio al report è iniziato con un pizzico di sgomento: non mi è piaciuto scoprire che in Cina, tra le industrie tipicamente associate alla sostenibilità, la moda riveste solo il 5%. Le altre? 50% va al mondo del food (okay, siamo ciò che mangiamo ed è vero); 18% all’agricoltura; 15% al settore automotive; 7% ai trasporti; 4% al settore manifatturiero (peggio mi sento). È chiaro che per poter associare un settore - come la moda - al concetto di sostenibilità, va capito in primis come i cinesi interpretano quest’ultima. Secondo il report, i brand ecosostenibili in Cina sarebbero una risposta alle esortazioni del Governo, che sta spingendo tantissimo perché siano preferiti i consumi sostenibili. E anche se molti KOL (Key opinion leaders) si starebbero facendo promotori di un lifestyle sostenibile sui social, ciò che ancora non è fortemente enfatizzato in Cina sarebbe:
una reale forma di attivismo sul tema
la trasparenza nella Supply Chain
la Slow Fashion
Per Slow Fashion, la “moda lenta”, si intende un ritorno al savoir faire, il fatto bene e a mano, secondo la migliore tradizione artigianale: un settore ormai piegato dalla produzione industriale e dalla sua acerrima nemica, il fast fashion (e in Cina di fast fashion - poveri noi - se ne produce tantissimo).
Daxue Consulting ha anche monitorato le case di moda maggiormente associate alla sostenibilità nei dibattiti social, che sono: Louis Vuitton, Hermès, Chanel, Gucci, Dior, Burberry.
→ In merito a Chanel: dal report emerge che, per raggiungere la Cina, la maison ha abbandonato i trasferimenti delle merci via aerea in favore di quelli via mare, per ridurre la propria impronta e relativa emissione CO2.
→ Gucci invece emerge per i packaging sostenibili, per aver abbandonato l’uso della pelliccia animale, per l’uso dell’Econyl e per gli store con energie provenienti da fonti alternative.
Il ruolo del Governo cinese
→ Mentre in Europa e negli USA l’attivismo riveste un ruolo chiave per cambiare le cose dal basso verso l’alto, in Cina accade l’opposto: si procede dall’alto verso il basso. Il Governo starebbe infatti esercitando una forte influenza sia sui KOL sia sui brand, attraverso:
politiche mirate
propaganda
inasprimento di eventuali pene
sensibilizzazione
→ I KOL cinesi, a differenza dei nostri influencer occidentali specializzati sul tema sostenibilità, avrebbero un’influenza davvero minima. Anche nei confronti del Governo e dei brand.
→ I brand cinesi agiscono invece come veicolo di sensibilizzazione ed educazione sul tema nei confronti dei KOL.
Top 3 delle case di moda cinesi più sostenibili
Daxue Consulting ha stilato la classifica delle 3 case di moda cinesi più sostenibili. Non c’è un ordine di gradimento tra loro, tutte e tre figurano nel report a pari merito e sono:
KLEE KLEE: marchio tibetano. Utilizza cotone organico, lana certificata e lino, tinture naturali. Preserva le minoranze etniche e supporta l’empowerment femminile.
ICICLE: marchio cinese. Lino e cotone organico, cashmere, lana, tinture naturali. Si ispira all’estetica parigina, fondendola con elementi della cultura cinese. Mi piace il loro storytelling su Instagram, sempre molto focalizzato sul tema.
LILYSILK: marchio cinese con sguardo sul mondo. Usa seta e fibre biodegradabili, abbraccia la politica zero-waste producendo i capi su ordine.
Moda vintage e second-hand
Di quanto e come stesse emergendo il mercato del second hand in Cina ne abbiamo parlato circa un anno fa qui. Cosa è cambiato un anno dopo? Dal report emerge che il 60% dei consumatori e il 70% della Gen Z hanno acquistato o sono disposti ad acquistare capi usati. Dal grafico sembra che quelli più restii siano i boombers :D
Notizie dalla Cina
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Una nuova mostra a Milano
Cina - La Nuova Frontiera dell’Arte è stata inaugurata ieri a La Fabbrica del Vapore, resta fino ad ottobre. Qui le info.
Il mio pezzo su Rivista Studio
È uscito il numero #55 di Rivista Studio: il tema è quello dei confini. Troverete tantissimi pezzi interessanti, nel mio - sezione Industry - io ho provato a fare il punto su Shenzhen, dalla prospettiva del mercato del lusso. Cosa succede all’interno di questa città considerata al pari della Silicon Valley statunitense? Non è un caso che già Chanel e Dior l’abbiano scelte per le loro prossime sfilate in Cina…
Per oggi è tutto, io vi auguro una splendida giornata e ci ritroviamo domenica prossima!