20. Cosa pensa la Cina della moda a noleggio?
La pandemia ha inciso sul successo del second hand?
La 1° newsletter italiana sulla moda cinese,
di Federica Caiazzo
Buongiorno! Questa è una settimana speciale e importante per me. Domani MODA in China compie 1 anno. Che viaggio, ragazzi! Riceverete una puntata extra e sarà improntata su di voi: proverò a rispondere ad alcune delle vostre domande. C'è di più: festeggerò questo traguardo con un REGALO PER VOI! Domani, sul profilo Instagram della mia newsletter, metterò a disposizione un freebie digitale in collaborazione con il marchio italo-cinese Jijide Milano: Cina Meneghina, la guida alla scoperta della vera Cina a Milano. Se volete scoprire come riceverla, iniziate a seguire MODA in China su Instagram e restate in attesa del post che pubblicherò domani con le istruzioni per richiedere gratuitamente la vostra copia. The best is yet to come.
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🌸 Indossereste abiti a noleggio?
Nella precedente newsletter abbiamo parlato di vintage e pre-loved in Cina, direi dunque di approfondire il discorso dell’economia circolare nel sistema moda cinese toccando un altro fenomeno molto diffuso (e che io, ahimè, non ho ancora mai sperimentato): il noleggio. Mi viene subito in mente “Louis di Saint Louis” in Sex and The City, ve la ricordate? Sarah Jessica Parker aka Carrie Bradshaw le chiede in fase di colloquio (Louis è candidata ad assistente) come sia riuscita a permettersi una Louis Vuitton. E lei le svela che l’ha presa a noleggio (prima di riceverne poi una in regalo a fine film (beata, ma certe cose succedono solo nei film, appunto).
A tal proposito, ne approfitto per darvi una fashion news che esula dal discorso Cina: Harriet Stewart, ex fashion editor di ELLE UK e oggi Global Head of Styling di NET-A-PORTER, sta per lanciare CLOAN, una piattaforma di capi e accessori firmati a noleggio, che prenderemo in prestito direttamente dal guardaroba delle addette ai lavori. In pratica, in fase di acquisto del servizio, non conoscerete solo il brand ma anche il nome dell’influencer o fashion editor dal cui guardaroba prenderete in prestito quel determinato must have.
🌸 Fashion rental sia, per la Cina
Mentre in Europa il fenomeno viene lodato per il suo approccio sostenibile, anche in Cina non mancano piattaforme e-commerce analoghe (lodate però anche per altri motivi, oltre alla sostenibilità). Il fenomeno del fashion rental sta prendendo piede piano piano, ma si sta dimostrando anche alquanto fruttuoso. Prima un po’ di dati generici. Stando alla CNN, nel 2020 la Cina si sarebbe classificata come il quarto Paese al mondo coinvolto nell’esportazione di vestiti usati. Un mercato da 311 milioni di dollari, che tra gli importatori vede anche l’Africa: solo il Kenya importa il 20% dei vestiti usati dalla Cina. Di contraltare, invece, la Cina importa meno di 2 milioni di dollari di abiti usati, prevalentemente dagli USA e dalla Corea del Sud. L’import è minore dell’export: credo che già questo sia un primo dato chiave per lasciarci andare a qualche riflessione.
1. Il fine ultimo non è (solo) la sostenibilità. CNN ha intervistato Liu Mengyuan, fondatore e CEO di YCloset (segnate il nome di questa piattaforma, amici e amiche che vivete in Cina), il quale afferma che la sostenibilità ambientale è certamente uno dei vantaggi del suo business, ma non il fine ultimo. Questa piattaforma fondata nel 2015 vanta oggi oltre 15 milioni di utenti e consente di noleggiare fino a 5 capi/accessori al mese. Dopo averli provati, gli utenti possono anche decidere se acquistarli o restituirli come da programma. Il costo mensile dell’abbonamento è di 499yuan al mese, poco più di 70 euro in base al cambio. E i motivi, quindi? “Credo ci siano tre ragioni per cui la clientela cinese scelga di prendere in prestito i vestiti - ha spiegato Liu Mengyuan alla CNN. – Numero uno, la crescente diversità dell’offerta proposta; numero due, la risoluzione del problema valigia quando si viaggia; numero tre, avere sempre un po’ di spazio libero nel guardaroba”. E la sostenibilità, allora? YCloset spedisce gli abiti in una shopper di tela, non usa la plastica e conferma che l’80% dell’acqua utilizzata per lavare i vestiti proviene da fonti rinnovabili. Parentesi personale: io inizio a indugiare sulle shopper di tela, ormai tutti i brand ne producono almeno una, e a casa siamo pieni di shopper di tela. Che impatto ambientale avrà?
2. Il fine ultimo è il vantaggio economico. Proprio come per il fenomeno del vintage e del pre-loved, chi sceglie di noleggiare e di vestirsi sfruttando il potenziale del second hand (vale chiamare second hand un abito noleggiato e già indossato da altri?), è attratto dal vantaggio economico, prima ancora della questione etica. Austin Zhu, che nel 2016 ha co-fondato in Cina la piattaforma Zhi Er (che si traduce “solo due”) molto paragonabile a The RealReal, ha dichiarato alla CNN che il mercato cinese è attratto dal second hand perché è più vantaggioso economicamente, “con prezzi che variano dal 10% al 30% in meno”. Temo però che la questione vantaggio sia una valutazione prettamente personale: ogni volta che io consulto un sito di fashion rental, finisco per lasciare la piattaforma a mani vuote. Ci vogliono 350 euro per noleggiare una borsa Chanel per una settimana? Probabilmente avrò la sensazione di aver vaporizzato 350 euro nell’aria, a borsa restituita. Questo per dirvi: è una scelta del tutto soggettiva.
3. La pandemia ha inciso sul successo del second hand? Vogue Business conferma che il coronavirus ha avuto un impatto non indifferente sulla catena di approvvigionamento, limitando così la Cina nell’avere un rapido accesso ad accessori e capi di lusso (principalmente a causa di ritardi nelle consegne). Per ovviare, è stato quindi molto più semplice e rapido affidarsi al second hand e al fashion rental.
Consideriamo poi i lockdown, le restrizioni sui viaggi e l'impossibilità di fare shopping all'estero, abitudine cara ai consumatori cinesi. La fonte cita infatti uno studio di Bain & Company, secondo cui solo il 27% dei consumatori di lusso cinesi fa acquisti nella Terra del dragone, mentre la restante parte – almeno fino a prima della pandemia – ha sempre preferito fare shopping in Europa, negli USA o a Hong Kong dove i prezzi sono più accessibili (e mi chiedo cosa succederà adesso che Chanel alzerà i prezzi in Europa: ne ho parlato su ELLE).
4 Il problema dell’apparenza è una cosa seria per la categoria influencer. “Dopo aver postato una fotografia su Weibo o WeChat, quell’outfit è considerato morto – spiega Chris Chang, vice presidente della piattaforma e-commerce MsParis, a Vogue Business. – Vogliono creare più look, ma per farlo hanno bisogno di sfruttare a pieno il budget”. Ed ecco che il fashion rental diventa la soluzione al problema.
Prossimo appuntamento:
domani 8 aprile!
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新闻 /xīnwén/
NEWS
🌸 NUOVE NOMINE:
1. Janice Lam è la nuova CEO Valentino per la Greater China. La maison sta consolidando la sua espansione? L'articolo su MFFashion
2. Gucci ha nominato Laurent Cathala nuovo Presidente per la Greater China. MFF
3. Pandora ha nominato ha nominato Irving Holmes Wong senior vice president e general manager per la Greater China. MFF
🌸 China Meets Italy, la nuova strategia di Brioni in Cina. Ne parla JING DAILY
🌸 Come evitare la censura in Cina, se hai un brand di lusso? Sempre JING DAILY
🌸 Shein (e non solo): perché la Gen Z compra tanto fast fashion se poi è ossessionata dalla sostenibilità? SCMP
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