Come è arrivata in Cina la moda occidentale?
A 10 anni dalla morte di Mao, la 1° rivista di moda occidentale
Bentornati e benvenuti! Stiamo diventando un bel po’, e immaginarvi leggere (con accanto un caffè come fossimo a chiacchierare?) mi riempie il cuore di gioia. La volta scorsa vi ho parlato del sentimento anti-moda dominante durante la Rivoluzione Culturale, quando Mao Zedong strinse la morsa del suo potere. Ci siamo salutati con due date chiave:
- 1976. Fine (amen) del terrore della Rivoluzione Culturale
- 1988. Lancio della prima rivista (internazionale) di moda in Cina!
Mao Zedong era morto nel 1976 (dopo di lui, c'è stato Deng Xiaoping). E dicevamo: mentre solo circa 10 anni prima le donne cinesi vivevano una condizione di asessualità dettata dal forte sentimento anti-moda maoista, soltanto 10 anni dopo... nasceva la 1° rivista di moda internazionale in Cina.
ELLE.
La 1° copertina di ELLE Cina per il debutto nel 1988.
Fu un grande primato: era la PRIMA rivista di moda (internazionale) mai giunta in Cina. Cenni storici? Le danze furono aperte dall'edizione francese, che esordì a Parigi il 15 novembre 1945 per merito della fondatrice Hélène Gordon-Lazareff. Prima della Cina, ELLE aveva già debuttato in Giappone nel 1969, negli USA e nel Regno Unito nel 1985 e in Italia nel 1987. Sempre nel 1987 debuttò l’edizione di Hong Kong. Nel 1990 fece capolinea a Taiwan.
Tutto molto bello, ma c’è un però…
🌸 ELLE Cina spaccò in due l’opinione pubblica
Il Partito Comunista Cinese avvertì un forte senso di TRADIMENTO da parte del governo a seguito dell’introduzione di questa nuova forma di mercato editoriale (tradotto = d'intrattenimento). Curiosissimo in merito è quanto riporta un articolo dell’agenzia stampa United Press International: Chaotien Lo, un funzionario di una casa editrice di Shanghai, descrisse l’entusiasmo della Cina per la moda occidentale come un'ironica "PUNIZIONE per le politiche (severe e cruente, ndr) della Rivoluzione Culturale". Se siete nuovi qui, vi rimando alla prima puntata per dare uno sguardo ai racconti con cui Angelica Cheung, ex direttrice VOGUE Cina, ha ricostruito il terrore della Rivoluzione Culturale.
🌸 Toccata e fuga (sulla questione censura)
Fino ad allora i giornali erano stati gestiti e controllati dal Partito Comunista. Cosa sarebbe accaduto ora? Parliamone, della CENSURA. Siete mai stati in Cina? Non entrerò nel merito della questione politica (per ora). Parlerò però della mia esperienza per darvi un’idea della sensazione di smarrimento che ho provato: io, che mi definisco “cittadina del mondo” nel tessere trame comunicative in ogni angolo del globo, in Cina non mi sentii più tale. Google “non esiste” (ma c’è il corrispettivo cinese Bǎidù 百度). Facebook non esiste (ma c’è Rénrénwǎng 人人网). Instagram, questo sconosciuto. “Mamma, scarica Wechat – dissi a mia madre prima di partire per la Cina. Dovremo comunicare lì, perché è un po’... come il corrispettivo di Whatsapp (e molto più)”.
In verità, un modo aggirare la censura su Internet in Cina c’è e si chiama VPN, ovvero virtual private network. Il VPN consente di crittografare il traffico Internet e proteggere la propria identità online… ma non sempre funziona. Per il dibattito sul se è o non è legale usare un VPN in Cina vi rimando a questo articolo recentissimo di Travel China Paper.
Baidu, il motore di ricerca cinese che sostituisce Google
🌸 “Joint venture”: la premessa al lancio di ELLE
Per il lancio di ELLE e per tutte le riviste di moda che sarebbero arrivate dopo (Cosmopolitan, Marie Claire, VOGUE, etc), fu necessario trovare un modo per permettere al Partito di continuare ad avere un piede dentro (= una forma di controllo). Ma come? Risposta: JOINT VENTURE, un accordo tra due o più imprese che si impegnano a collaborare per il perseguimento di uno specifico obiettivo. Oggi ELLE è un prodotto del gruppo Hearst Publications ma, a quel tempo, era ancora un prodotto di Hachette-Rusconi: per entrare in Cina, Hachette-Rusconi accettò l’affiliazione con la Shanghai Translation Publishing. Anche la pubblicazione di VOGUE (che arrivò in Cina solo nel settembre 2005) fu possibile grazie alla cooperazione della casa editrice Condé Nast con la China Pictorial Publishing House. Questa in foto sotto fu la prima copertina, orizzontale perché era piegata ed etensibile.
La copertina con cui VOGUE ha debuttato in Cina nel 2005.
Solo se il titolo è cinese al 50%
Interessantissima in Cina è anche la questione del nome in testata. Trattandosi di prodotti editoriali internazionali pubblicati tramite sistema di joint venture, le riviste non possono chiamarsi "solo" ELLE o "solo" VOGUE. La joint venture li rende - concedetemi l'espressione semplice - 50% internazionali e 50% cinesi. Ergo, il governo ne consente la pubblicazione a patto che in copertina ci siano ANCHE gli ideogrammi cinesi.
Vuoi sapere cosa significano?
Sulla copertina di ELLE, c'è scritto: shìjiè shízhuāng zhī yuàn 世界时装之苑. Ovvero, "The World of Fashion". Sulla copertina di VOGUE invece troverai: fúshì yǔ měiróng 服饰与美容, che tradotto in italiano significa "Moda e bellezza". Interessante come strategia, vero?
🌸 E comunque ELLE Cina è stato un SUCCESSO
E lo è tuttora. Nel 2001, è arrivato il sito. Hearst China parla di 540 milioni di pagine navigate al mese e 80 milioni di utenti unici.
Nel 2008 è stata introdotta ELLE TV, con oltre 200 ore di programmi dedicati alla moda in collaborazione con i canali satellitari cinesi (PS. In Italia abbiamo un concetto analogo solo digital, sempre prodotto da Hearst, che è la BAZAAR TV). Nel 2010 è stata lanciata l’app. L'anno successivo, è arrivata la carta di credito ELLE per sole donne cinesi (che figata!), in affiliazione con la China Merchants Bank. Nello stesso anno, è toccato a ELLE Shop, piattaforma e-commerce con oltre 300mila utenti registrati. Nel 2013, 2016 e 2017, sono state rispettivamente lanciate: l’app ELLE Plus (che ha vinto il Best Business Creative Content Award e il Premio Migliore APP 2015); l’account ELLE Fit su WeChat con eventi sportivi offline in 29 città della Cina; e infine Super ELLE, una guida alle tendenze dei millennial. E se questo non è un successo, che cos'è?
🌸 Dietro una grande rivista, una grande donna
ELLE debuttò nel 1988 con Patricia Wang, ma consentitemi il commento: è sotto la leadership di Xiao Xue (晓雪) che il marchio ha potuto sviluppare i prodotti digitali visti di sopra e raggiungere l'apice del successo. Nominata direttrice della testata nel 2006, dove sarebbe poi rimasta fino al 2019 assumendo anche il ruolo di CEO nel 2016, ha afferrato le redini della rivista in un momento complesso e di FEROCE COMPETIZIONE. Solo un anno prima di questo cambio poltrona, nel 2005, aveva debuttato - con un piano d'attacco strategico - quella che tutti conoscono come la "bibbia della moda". Nelle edicole di tutta la Cina era arrivato (seppur con ritardo rispetto ai lanci internazionali, e in futuro vi spiegherò perché) il primo numero dell'edizione cinese di VOGUE. Ma di questo - di come Xiao Xue riuscì a fare in modo che ELLE fosse per 11 anni consecutivi in testa a VOGUE - ne parleremo nella prossima puntata.
FOCUS: SHANGHAI FASHION WEEK
Dal 6 al 13 aprile si è tenuta la Shanghai Fashion Week!
Dati interessanti:
👉🏽 Questa è stata la prima settimana della moda post-pandemia con sfilate fisiche e ospiti in presenza. Significa che la moda è (finalmente) ripartita!
👉🏽 Il 40% dei designer cinesi in calendario ha presentato collezioni sostenibili, realizzate con materiali di riciclo.
👉🏽 il percepito della creatività cinese sta cominciando ad alzarsi di livello. Finalmente l'accezione positiva del Created in China inizia a prevalere su quella (negativa?) del Made in China. Ne ho parlato in diretta Instagram con il team di @nonsolobacchette (bellissima chiacchierata).
👉🏽 Tasha Liu, fondatrice della piattaforma Labelhood, ha spiegato a vogue.com che "i designer cinesi hanno beneficiato del momento di fermo dovuto alla pandemia. Tutte le persone che in genere viaggiano e spendono soldi in designer di lusso in Europa adesso hanno iniziato ad apprezzare la qualità dei designer cinesi. La pandemia gli ha davvero dato una posizione in prima linea”.
👉🏽 Xiao Xue, l'ex direttrice di ELLE Cina di cui abbiamo parlato poco fa, è stata nominata ambassador della Shanghai Fashion Week. Il suo incarico durerà 3 anni, si occuperà di supportare brand cinesi emergenti, promuovere la moda green e l'empowerment femminile.
👉🏽 5 Nomi di designer cinesi super COOL che non puoi non conoscere. Ne ho parlato su su Cosmopolitan.it
MARCHI EUROPEI ALLA SHFW
👉🏽 Dior ha sfilato alla Shanghai Fashion Week
(hai capito bene, una mega operazione di marketing, sì).
Su ELLE.it ho analizzato le tendenze della collezione.
Su Cosmopolitan.it invece ho scritto del rapporto che Dior ha costruito, anche grazie alla presenza sui social media cinesi, con la generazione millennial.
👉🏽 Anche la maison Ermanno Scervino ha rafforzato la propria brand awareness in Cina
👉🏽 Stessa cosa Versace, che durante la Shanghai Fashion Week ha preferito la formula pop up store in chiave Versacepolis al prestigioso luxury mall Plaza 66.
Arrivederci! 再见!