La 1° newsletter italiana sulla moda cinese,
di Federica Caiazzo
Buongiorno! Anche questa volta siamo un po’ in più della scorsa, la nostra piccola community si allarga. :) Giugno inizia per me con due belle notizie da condividere con voi.
Correte in edicola! Questa settimana, su Donna Moderna, troverete anche un mio articolo a pagina 46: il grazie più profondo per questa meravigliosa opportunità va alla direttrice Maria Elena Viola, con cui c’è stato un preziosissimo scambio per la realizzazione di questo pezzo. Parliamo di lusso in Cina e delle abitudini di acquisto dei cinesi in Italia: a due anni dallo scoppio della pandemia, quali fenomeni sono emersi? Cosa è cambiato?
Ecco Donna Moderna! Vi aspetto a pagina 46.
2. Se vuoi studiare giornalismo di moda, sono aperte le iscrizioni al nuovo Master di Italian Design Institute: Fashion Editor, Photography & Digital Media. Inizierà a novembre, a Milano, e nel corpo docenti ci sarò anche io (non parleremo di Cina, bensì di come è cambiato il giornalismo di moda nell'era digitale, dei suoi ruoli e attori. E scriveremo, scriveremo tanto!). Mi preme dirlo: non ho la presuzione di "insegnare", mi sento ancora troppo giovane per questo. Ma condividerò sicuramente ciò che ho potuto imparare io stessa fino a ora, fin qui: nel potere della condivisione ci credo tanto. Ovviamente ci saranno anche altri docenti, in primis la grande Mariella Milani, Valeria Oppenheimer e Amilcare Incalza. Trovate tutte le info per iscrivervi qui (massimo 20 partecipanti). E ora, cominciamo.
Fei Fei Sun per Vogue Italia, giugno 2015. Shot by Mert & Marcus
🌸 La nuova era delle super model cinesi
“Super model”: è una parola che mi rimanda sempre col pensiero alla grande era delle super model di Gianni Versace. Fu lui a consacrarne titolo e ruolo. Tanto che nel 2017 durante la sfilata della collezione Versace moda Primavera Estate 2018, Donatella Versace – oggi direttrice creativa della maison – onorò il fratello Gianni con un fashion moment indimenticabile. Chiuse la sfilata con Naomi Campbell, Cindy Crawford, Claudia Schiffer, Carla Bruni ed Helena Christensen: le grandi super model di Gianni. Lo stilista calabrese, che morì assassinato a Miami il 15 luglio 1997, fu tra i primi – se non proprio il primo - a spingere il concetto di super model, un’idea (della donna, ma in primis del suo ruolo di modella) che puntava a legittimare il glamour della casa di moda, a riconoscerne l’allure e lo stretto legame con le sue muse. Erano gli anni ’90 e, lo so, vi starete chiedendo che connessione potrà mai esserci con la Cina.
Le super model di Gianni in passerella per Versace nel 2017
Vuoi per motivi storici, vuoi per motivi politici, di quanto in ritardo si sia sviluppata l’industria della moda cinese rispetto a quella occidentale, ne abbiamo parlato dal punto di vista editoriale quando vi raccontai quando e come è avvenuto il lancio di ELLE in Cina (). Ma in effetti non avevamo ancora mai affrontato il discorso delle super model cinesi. Esistono? Certo. Chi sono? Se volete familiarizzare con qualche nome, vi invito a spulciare questo elenco di Marie Claire e questo di Vogue. Io (che adoro Mao Xiao Xing: ma quanto è bella?!?!?), voglio usare questo spazio per raccontarvi un altro aspetto del mondo delle top model cinesi: qual è stata la strada percorsa dalla Cina per arrivare ad averne di proprie?
Mao Xiao Xing sulla copertina di Numéro China
Quando nel 1979 Pierre Cardin tenne la sua sfilata a Pechino, la Cina non vedeva una modella da tanto tempo: da prima della fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, con Mao Zedong. Ce ne erano state prima, eccome: lo dimostrano le pubblicazioni e le riviste del periodo repubblicano, quando la vita a Shanghai fu profondamente pervasa anche dal buon gusto europeo arrivato in città grazie alle concessioni francesi. Dodici furono le modelle – francesi e giapponesi – che Pierre Cardin portò con sé a Pechino: secondo Juan Juan Wu, autore di Chinese Fashion - From Mao to Now, quel momento aprì gli occhi alla Cina sul ruolo della fashion model. Tanto che Zhang Chenglin, allora manager della Shanghai Garment Company – azienda tessile di proprietà dello Stato – decise di creare il proprio team di modelle cinesi. Fu quello il primo gruppo di modelle cinesi post-Mao: era il 1980, e furono scelte di almeno 1,68m di altezza. L’anno seguente, nel 1981, debuttarono in passerella sfilando allo Shanghai Friendship Movie Theatre e l’evento innescò non poche riflessioni che – ovviamente – sfociarono in polemica: cosa promuoveva esattamente un fashion show? Il capitalismo? Per evitare quindi i riferimenti al lifestyle capitalista, fu evitata la parola “modella” e preferito “fashion actress”, attrice della moda. Solo nel 1989, il ruolo della modella fu legittimato in Cina dall’istituirsi del primo corso di laurea ufficiale in fashion modelling – della durata di due anni - alla Suzhou Institute of Silk Textile Technology. A metà Anni 90, fu la volta della prima agenzia a Shanghai, la Zhaoping Modeling Agency, ma le modelle capirono ben presto che – per poter portare le proprie carriere a un livello superiore – avrebbero dovuto trasferirsi all’estero. In Occidente.
Pierre Cardin ha sfilato in Cina anche nel 2018 per celebrare i suoi 40 anni del debutto nella Terra del Dragone.
Modella cinese, collezioni occidentali: insieme per la prima volta (o quasi). Non tardò a palesarsi il gap culturale, la modella Bao Haiqing – che sfilò per il grande Valentino Garavani negli Anni 90 – dichiarò di “non comprendere i vestiti occidentali”: “Noi modelle non sappiamo esattamente come dovremmo sentirci negli abiti che indossiamo”. Questo senso di vaga inadeguatezza evaporò presto, di collaborazione in collaborazione tra case di moda e modelle. Il resto della storia, invece, sfocia in quello che è stato un anno fa uno dei primi appuntamenti con MODA in China: . A cui fece seguito poi .
La prima copertina di Vogue Cina
🌸 E oggi? A proposito delle top model cinesi oggi, mi è piaciuto quanto ha raccontato Yilan Hua in un’intervista appena rilasciata a Jing Daily. Emergono due aspetti interessanti di questo settore:
Le case di moda occidentali sono sempre più interessate ad includere modelle cinesi nelle proprie campagne e sfilate perché consapevoli del potente potere d’acquisto della Cina. Lo trovo un discorso ovvio, che ha a che fare anche con l’inclusività: un prodotto aspirational ha sicuramente una grande forza motrice, ma questa stessa forza si amplifica se nel presentarti il prodotto ti faccio sentire rappresentata mostrandoti che anche donne cinesi (le modelle) lo indossano.
Secondo Yilan Hua, le modelle cinesi faticano un bel po’ di più di quelle occidentali e sono estremamente grate per ogni opportunità di lavoro che riescono ad ottenere. Il problema è il visto per lavorare all’estero che, in un Paese con il sistema politico cinese, non è cosa semplice ottenere. “Quando sono stata all’estero per alcune settimane – ha raccontato Yilan Hua, - ho visto modelle rinunciare ai lavori per un mal di stomaco. Questa è una cosa che noi modelle cinesi non faremmo mai”.
PROSSIMO APPUNTAMENTO: giovedì 16 giugno.
Riceverete questa newsletter ogni 1° e 3° giovedì del mese.
新闻 /xīnwén/
NEWS
🌸 Jing Daily ha organizzato un seminario digitale, potete scegliere a quale sessioni partecipare e seguirlo: qui
🌸 Su ELLE, ho raccontato perché i cinesi hanno bocciato il nuovo ombrello adidas x Gucci, offrendo una narrazione incentrata sul gap linguistico e non sul prodotto. Ne parlo qui
🌸 I cinesi hanno bocciato anche le nuove sneakers Balenciaga, ne parla South China Morning Post
🌸 Se desiderate studiare moda in Cina, VOGUE vi spiega come
🌸 A proposito di Design Week in arrivo a Milano: Hylink ha fatto il punto sul settore import/export Italia-Cina, qui
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